La storia di Dani nasce in una piccola cittadina Piemontese vicino Torino, una di quelle che i collegamenti con le grandi città hanno visto trasformare i suoi silenzi e il rintocco delle sue campane quotidiane in boati di mostri con le ali che sembrano venire da un mondo lontano e che ormai gli abitanti non guardano neanche più.
Dani è un bambino della 2^ elementare di statura normale, biondo, coi capelli a caschetto, gli occhi chiari che ti lanciano uno sguardo penetrante, profondo e sincero, pulito e tenero.
Se lo si vedesse con le ali non ci si meraviglierebbe se lo si chiamasse Angelo, ma lui si chiama Dani ed è un normalissimo bambino dell’ultimo banco della sua classe, normalissimo anche per la Maestra, tanto normale quanto trasparente ai suoi occhi.
Dani non è forte, è mingherlino ed anche il suo temperamento lo fa un bambino mite e quasi silenzioso, che passa inosservato nonostante la sua bellezza, uno tra i tanti bambini che in fila all’ingresso della scuola sale su in classe e non ci si accorge che anche lui oggi è presente, se non si facesse l’appello.
Marco il bidello
Il bidello della scuola lo incontra ogni giorno nel corridoio del piano della sua classe, puntuale alla stessa ora, quando va a svuotare i cestini per la fine dei pasti, e ogni volta gli rivolge una semplice frase, gli da una breve notizia, dei suoi zii, di come si sente, di quello che ha fatto il giorno prima; e poi ritorna in classe, velocemente e discretamente.
Dani, in una di queste occasioni, lo coglie di sorpresa e mentre fa ingresso in classe nel frastuono della pausa pranzo per svuotare l’ennesimo cestino, gli si avvicina e gli sussurra all’orecchio:
-Marco, vuoi essere mio amico?-
Una frase così spontanea penetra come una saetta nel profondo del cuore, profondo come il suo stesso sguardo, come la delicatezza della sua espressione, del suo discreto avvicinarsi e della sua flebile vocina che agita il mare della solitudine innalzando una tempesta di lacrime che si trattengono per miracolo e che allo stesso tempo allargano il cuore.
-Si, certo- risponde Marco.
Ripensa alla domanda e riflette sul fatto che la parola ‘amico’ ha la stessa radice della parola ‘amare’, sinonimo ormai sbiadito di conoscere.
La disabilità di Dani
Un giorno Dani si presenta a scuola con il suo piccolo braccio ingessato, così improvvisamente, da un giorno all’altro diventa un bambino speciale; è costretto a vivere una sua disabilità che lo porta temporaneamente a non riuscire a scrivere.
Non poter scrivere non genera nessun fastidio ad alcuno:
-non riesce a scrivere, pazienza è un suo problema, come lo si può aiutare?-
E’ proprio lo sforzo che occorre compiere per aiutare Dani che questo genera discriminazione…
Dani non era in grado inoltre di portarsi lo zaino da solo in classe, la maestra si rifiutava di portaglielo e i bidelli lo stesso, sull’avanzata pretesa della prima che avrebbero dovuto farlo loro.
Era nato uno scontro e insieme a questo una discriminazione che vedeva coinvolto Dani e la sua disabilità, protagonisti sfortunati della vicenda.
Anche una leggera menomazione come quella di Dani era diventata una grave difficoltà perché non soddisfaceva i suoi bisogni e i suoi diritti fondamentali.
La scelta di Marco
Marco non guardava impassibile tutta la vicenda, soprattutto perché in cuor suo aveva l’amicizia di Dani, ma anche perché odiava le ingiustizie, le liti, e le discriminazioni sotto qualsiasi forma si presentassero, così un giorno decise di scrivere una lettera alla maestra, ai bidelli e finanche alla preside della scuola dove raccontava la ‘Storia di Dani’ e l’amicizia che lo legava a lui.
Per il resto del tempo in cui Dani era costretto a tenere il gesso, Marco volle ricambiare il significato della parola amico portandogli ogni giorno lo zaino in classe.