Vivere le ferite

Molti di noi sono stati colpiti duramente nella vita riportando numerose ferite che probabilmente hanno scavato crepe profondissime.

Vivere le ferite
Colpiti dalle ferite

Vivere le ferite può portare a sensazioni di smarrimento, persecuzione, complotto, sfiducia, umiliazione, se non addirittura la percezione di essere divorati nelle carni; sofferenze fisiche che immobilizzano, bloccati in una richiesta di aiuto rivolta agli altri, come pure tormenti sottili da provare una disarmante assenza nel corpo.

Eppure, niente a confronto di ben più sconvolgenti sofferenze e dolori presenti nella storia dell’uomo di oggi, siano esse psichiche, fisiche e/o spirituali.

5480 colpi

Il pensiero di questi momenti davvero difficili che ciascuno di noi, chi più chi meno, ha vissuto almeno una volta nella propria vita, ha evocato in me un ricordo che era ormai vago ma che, quando lo sentii per la prima volta, mi colpì per la sua straordinaria precisione:

“Figlia mia, ho ricevuto sul Mio Corpo ben 5480 colpi!”

Questo è ciò che disse Gesù a Santa Brigida durante le apparizioni.

Colpi inferti a Gesù
Le ferite di Gesù

Dico, incredulo: “non è possibile…, sono tanti…troppi, non ci credo!” Poi penso a come faccio a mettere in dubbio le apparizioni ad una Santa la cui vita, si legge, era

“incessantemente rivolta a Dio, trascorsa nello studio della Bibbia, in preghiera e meditazione, in ascesi e penitenze”. (http://www.brigidine.org)

-le visioni di A.K. Emmerick

Con un numero di colpi così elevato inferti al Corpo di Gesù, e a conferma delle apparizioni, sicuramente indicative sono le visioni della Beata A. K. Emmerick che descrive così la flagellazione:

Vivere le ferite con la passione di Cristo
“La flagellazione di Cristo” – Caravaggio

“I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulla carne dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi (…).

Inoltre era tormentato dall’arsura e dalla febbre violenta (…).

Tremava tutto e le sue carni erano dilaniate fino all’osso, la lingua era ritratta convulsamente e solo il santo sangue che gli colava dalla fronte rinfrescava la sua bocca riarsa (…).

Allorché egli comparve davanti il popolo, insanguinato, con la corona di spine sul capo e la canna tra le mani, si levò nell’aria un mormorio generale d’orrore.

(La passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick – Ed. San Paolo – pagg. 106, 108) .

Non poteva esistere alcun medicamento in grado di curare le ferite lancinanti e profonde “fino all’osso” del corpo di Gesù e tanto meno quelle inferte al Figlio di Dio con le labbra dai suoi carnefici, eppure…A. K. Emmerick così racconta nelle visioni:

”Durante l’orribile flagellazione avevo udito la preghiera con la quale Gesù si offriva al Padre per espiare i peccati del mondo. Avevo visto degli angeli piangenti vicino a lui. Mentre il Signore giaceva immerso nel suo sangue, un cherubino ai piedi della colonna gli mise sulla lingua un boccone lucente.

(La passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick – Ed. San Paolo – pag. 107).

-un boccone lucente

Nello stesso istante in cui Gesù in piena sofferenza e immerso nel suo sangue si offre per scontare le colpe del mondo, il Padre obbedisce (nel senso di ob-audire ovvero “prestare ascolto”) al Figlio e allevia la sua arsura con il boccone lucente della purificazione degli uomini dai peccati. Dio Padre “spegne” la sua arsura, soddisfa la sua sete desiderosa di “salvezza dell’umanità”.

Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Salvifici doloris al numero 16 così scrive:

“…Cristo si è avvicinato soprattutto al mondo dell’umana sofferenza per il fatto di aver assunto egli stesso questa sofferenza su di sé.

Durante la sua attività pubblica provò non solo la fatica, la mancanza di una casa, l’incomprensione persino da parte dei più vicini, ma, più di ogni cosa, venne sempre più ermeticamente circondato da un cerchio di ostilità e divennero sempre più chiari i preparativi per toglierlo di mezzo dai viventi. Cristo è consapevole di ciò…

-consapevolezza e obbedienza

Concorrere al piano di Dio della salvezza sarebbe anche vivere le proprie ferite con la stessa consapevolezza e obbedienza di Gesù, non per alleviare le sofferenze temporali (anche) ma, come scrive Giovanni Paolo II, per proteggere l’uomo, prima di tutto, dalla sofferenza definitiva che è la perdita della vita eterna, l’essere respinti da Dio, la dannazione.

Nella consapevolezza delle ferite ci dovrebbe essere un affondare le radici anche dolorose nella Terra, e guardare al Cielo nell’obbedienza…; si cammina, si cade, nel tentativo di condurre una vita perfetta come vuole il Padre, e ci si rialza; si riprende a camminare in un ciclo dove non si può escludere la necessità di voler ESSERE BENESSERE per sé, per gli altri e per tutto il Creato.

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