Il corpo è il tempio dello Spirito Santo e come tale occorre essere in grado di curare e mantenere (dal latino manu tenere ovvero ‘tenere con la mano’) la sua salute, fare in modo cioè che rimanga sotto la propria custodia. Occorre essere in grado inoltre di alleviare e curare le sue ferite.
Farsi la domanda se la strada che si sta esplorando sia quella giusta, e se essa porti da qualche parte, è bene ed anche opportuno, soprattutto quando si tratta di curare le ferite.
Ho riflettuto a tal proposito sul significato del ‘curare le ferite’ e mi ha ispirato il seguente passo del profeta Isaia:
Isaia disse: “Si vada a prendere un impiastro di fichi e si applichi sulla ferita, così guarirà“. Ezechia disse: “Qual è il segno che salirò al tempio del Signore?” (Is 38, 21-22)
-corpo tempio dello Spirito
Noi Cristiani sappiamo bene che il corpo è il tempio dello Spirito Santo e come tale va tenuto in tutte le sue parti in uno stato di grazia il più perfetto possibile…
Il Vangelo secondo Giovanni al versetto 19, 38-40 riporta il desiderio, quasi la gelosia, con la quale prima Giuseppe d’Arimatèa e poi Nicodèmo si presero cura del corpo di Gesù dopo la deposizione dalla croce:
“Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre.
Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei”.
–Santa Ildegarda di Bingen
Tutti ormai conosciamo il potere disinfettante della mirra e cicatrizzante dell’aloe per curare le ferite.
Recentemente ho trovato un libro affascinante, e forse anche sconosciuto ai più, che è il ‘Libro delle creature’ di Santa Ildegarda di Bingen dove, tra l’altro, a pag. 147 (numero I, 176 – La mirra), si legge:
“La mirra è calda e secca (…) e non tollera alcuna vanità, ma il diavolo la detesta poiché la sua natura è incorruttibile e priva di difetti”.
(nota 369)
Anche l’aloe secondo Ildegarda è una pianta calda: (numero I, 174 – L’aloe, pag. 145)
“Il succo di questa pianta è caldo e ha grandi virtù.”
Per capire cosa intende l’autrice riporto quanto segue:
“Ogni pianta è calda o fredda e cresce come tale, poiché il calore delle erbe rappresenta l’anima, il freddo il corpo (…).Se tutte le piante fossero calde e nessuna fredda, farebbero male a chi le utilizza. Se tutte fossero fredde e nessuna calda, farebbero male agli uomini ugualmente, poiché quelle calde oppongono resistenza al freddo dell’uomo e quelle fredde al suo calore.
Alcune piante hanno in sé la virtù degli aromi più forti e l’asprezza di quelli più amari”.
(Libro delle creature di Ildegarda di Bingen – Biblioteca Medievale – Ed. Carocci)
-rapporto Dio-Uomo-Natura
Il rapporto tra Dio-Uomo-Natura è molto stretto tanto da ritenere che la linfa degli alberi da frutto sia paragonabile al sangue dell’uomo, le pietre della terra alle sue ossa.
Alcune piante di ‘natura gioiosa’ sono paragonabili ai capelli dell’uomo, mentre altre ‘pesanti da digerire’ e di ‘natura triste’ al suo sudore.
Rifletto sul fatto di quanto si sia perso oggi sul ‘sentire’, ‘percepire’, ‘godere’, ‘beneficiare’ dell’anima delle Creature.
Siamo assoggettati alla logica di vedere gli animali solo come strumenti di lavoro e/o di sostentamento, e/o di estrarre e isolare i principi attivi dalle piante curative, e/o di credere che una pietra è solo una pietra!
Ritengo che nell’essenza di un Uomo ci sia il respiro del Creato e che in un Uomo ‘ferito’ ci sia il Creato ferito;
-il Creato ferito
Nel Creato ferito c’è tutta la sofferenza umana e un Dio misericordioso che accoglie, che attende il ritorno a casa del figlio prodigo. Non parlo solo di ferite inferte al corpo, come a quello di Gesù, ma anche le umiliazioni subite come a quelle arrecate agli altri.
Per auspicare il ritorno alla casa del Padre occorre prima di tutto imparare a prendere consapevolezza delle ferite, a vivere le ferite.
Leggi anche la pagina: ‘vivere le ferite’
Faccio sintesi di una piccola parte del pensiero espresso in un bellissimo libro da Henri Nouwen (presbitero teologo e scrittore olandese):
E’ giunto il momento di…
“nutrire il desiderio di essere dalla parte di chi sta dentro [la casa del Padre] e guarda fuori (…) e non di scegliere la posizione di chi sta fuori e guarda dentro”.
Ciò può avvenire rendendomi conto di quanto sia…
“doloroso ‘rientrare in me’, piegarmi sulle ginocchia e lasciar scorrere le lacrime liberamente”…
permettendo…
“a me stesso di essere amato”.
Sentire di…
“essere chiamato a diventare il padre (…) che può accogliere i figli senza fare alcuna domanda e senza volere niente in cambio”.
“L’abbraccio benedicente – meditazione sul ritorno del figlio prodigo” (Ed. Queriniana)
-conclusioni
Svuotarsi, vivere le ferite e curarle permette a ciascuno di noi di ESSERE BENESSERE nel corpo, nella mente e nello spirito.
Ciò deve partire innanzitutto dalla volontà di diventarlo: sta in questo la forza auto-guaritrice del nostro organismo, che trova la sua vera fonte di cura rivolgendosi:
- al medico per eccellenza, Dio;
- alla medicina perfetta, Gesù Cristo;
i quali abbondano di amore, lo Spirito Santo, di giustizia e misericordia.